Lo so, lo so, l’anno 0 non è mai esistito, e il decennio finisce tenicamente alla mezzanotte del 31 dicembre 2020 - ma: 1 - dai, su, non facciamo gli ingegneri gestionali (premesso che ho molti amici ingegneri gestionali); e, soprattutto, 2 - ILNOSTROPRESIDENTE Matt “Mad” Mattarella ha chiaramente detto, durante il discorso di fine anno (sì, quello che “vorrei qualcuno che mi cercasse come Matterella cerca la telecamera”), che stavamo per entrare nel nuovo decennio, e tutto quello che viene detto nel discorso de ILNOSTROPRESIDENTE a fine anno ha istantaneo vigore di legge. Non ditemi che non lo sapevate.
Lungi da me approntare una qualsivoglia top 10 su di un qualsiasi argomento, la rete già straripa di cotante, facilmente reperibili, liste; scriverò solo un paio di cose, guidato, come sempre, dal caso e dall’accidentalità (fari guida poi non così casuali e accidentali).
Negli anni che vanno dal 2010 al 2020 ho comprato casa (e adesso, forse, ne comprerò un’altra), ho aumentato di ben due unità il mio nucleo famigliare - grazie all’indispensabile aiuto della persona che amo e dalla quale sono fortunamente riamato - ho trovato un posto fisso e a tempo indeterminato, in un lavoro che è uno di quelli meno insopportabili che mi è capitato di fare (principalmente perché non sono costretto a vendere niente mentre lo sto svolgendo). Anni buoni, insomma. Anzi, per quel che mi riguarda personalmente, anni splendidi.
Allo stesso tempo, questi sono stati gli anni in cui internet ci è scoppiata fra le mani: battezzati da un gattino arcobaleno che saettava felice fra gli sconfinati spazi siderali, sono poi sfociati nel tetro trionfo della chaos meme magick, e nell’ascesa della Bestia nostrana (un’ascesa lenta, precisa, apparentemente implacabile - e che ben viene delineata nel libro di Leonardo Bianchi La gente). Anni ricchi di meme e viralismi vari, piegati però a fini non così spensierati e ridanciani. Forse, il primo suono virale del decennio - l’urticante vuvuzela - avrebbe dovuto essere interpretato come un presagio, e non come un semplice sottofondo seccante quanto balordo.
Sono stati gli anni in cui le gif si sono imposte come linguaggio comune e trasversale; gli anni in cui scanlation e fansub hanno sopperito alle innumerevoli mancanze dei canali ufficiali; gli anni in cui Skyrim e The Witcher 3 hanno inverato un concetto di gioco single player quasi perfetto, e PUBG ha cambiato per sempre il campo di battaglia dei giochi online, con quella strepitosa idea del battle royale (Fortnite? More like Fartnite, am I right?).
Sono stati gli anni in cui due dei Big Three sono giunti alla conclusione, lasciando One Piece unico imperatore incontrastato del mercato giapponese (e chissà cosa succederà quando Oda deciderà di porre fine alla più grande impresa editoriale della storia); gli anni in cui la serialità televisiva si è imposta come la principale modalità di narrativa popolare; gli anni in cui l’indie è stato sostituito dalla trap.
E infine infine infine, sono stati gli anni dell’internet sociale, di facebook (per i vecchi dentro e fuori) e instagram (per i giovani fuori); gli anni di youtube diventato una fogna indescrivibile (e non c’è Montesi che tenga), e di twitch come nuova stella cometa dello streaming (a partire da quell’incredibile opera d’arte contemporanea che fu Twitch plays Pokémon); gli anni in cui dal folgorante vine siamo infine giunti al bislacco tik tok.
E ora, ora che anni sono, e saranno? Il ritorno in auge di podcasts e newsletters mi sembra stia a rappresentare non tanto un ripiegamento, quanto una nuova infiorescenza: oramai su internet convivono (combattono e interagiscono e si sintetizzano) culture che vanno dal generazionale all’intersezionale, e le buone battaglie (politiche, sociali, ecologiche) sono tornate a essere combattute non solo in termini di risposta o reazione. Il futuro forse non è ancora luminoso, ma diverse torce sono state accese - si tratta, ora come sempre, di connetterle fra di loro.
Ci vediamo settimana prossima, con SiS #16. Ah, e buon anno nuovo.